17
FEBBRAIO 2008
II QUARESIMA
(Mt.17,1-9)
S.
Silvino
"E fu trasfigurato davanti a loro".
Nella Trasfigurazione
Gesù manifesta la Sua condizione divina nel Suo corpo, condizione
divina che si rivela nel dono totale di Sé. Gesù
aveva detto ai discepoli che il Messia doveva morire.
Per i discepoli la morte è la fine di tutto, per Gesù è l’inizio della vera vita. Perché
Gesù prende in disparte solo Pietro, Giacomo e
Giovanni?
Pietro
non accetta la morte di Gesù: è Figlio di Dio, a Lui
appartiene la vita e non la morte.
Gesù, però, chiama Pietro “Satana”, il tentatore. Satana
non vuole la morte di Gesù, ma un messia dominatore.
Il potere che non serve l’uomo è un potere satanico.
Il
Regno di Gesù non si fonda sul dominio, ma sul
servizio dell’uomo. Gesù, con la Trasfigurazione, manifesta, nello splendore del corpo, la Sua realtà divina. Gesù
rivela anche qual è il disegno di Dio su questa fragile creatura umana e
attesta che la condizione divina si
ottiene con il dono totale di sé.
Gesù passa attraverso la morte per donare pienezza di vita
a tutti coloro che accettano il Suo Amore. La morte non annienta la vita della
persona, ma la trasfigura e consente all’uomo, creato ad immagine e
somiglianza divina, di raggiungere il massimo splendore.
Gesù porta sul monte anche Giacomo e Giovanni non solo
perché non accettano la Sua morte come Pietro, ma vogliono
anche i primi posti nel Suo Regno, uno a destra ed uno a sinistra. Questi
discepoli sono dominati dall’idea del potere e del successo, non capiscono che
la morte di Gesù è il passaggio alla vita piena.
Con la Trasfigurazione Gesù, non solo rivela la Sua condizione divina, ma
manifesta anche qual’è la
condizione dell’uomo dopo la morte. Per Gesù la morte è l’esplosione della pienezza della vita:
pienezza che l’uomo nella vita terrena non può mai
raggiungere. Tutti coloro
che danno adesione sincera a Gesù passano attraverso
la morte, non per essere ingoiati dalle tenebre, ma per risplendere come il
sole. “I giusti risplenderanno come il sole nel Regno del Padre loro” (Mt.13,43). E’ il massimo della brillantezza divina in una
creatura. Per questo motivo la voce dalla nube dice:
“E’ il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo”.
Gesù è l’Unico che deve essere ascoltato. Solo Gesù manifesta la volontà di Dio Padre. Chi ascolta la voce
del Figlio ascolta la voce del Padre.
Il cristiano si realizza come figlio di
Dio solo con
LOURDES: da 150 anni il miracolo
della serenità
11 febbraio 1858. Lourdes è solamente un piccolo villaggio ai piedi dei Pirenei, sconosciuto ai più, piovoso ed umido in primavera, caldo afoso d’estate, freddo e nevoso d’inverno.Piccola è pure Bernadette Soubirous, una quattordicenne alta appena un metro e mezzo, che soffre di continui attacchi d’asma: “Il mio mestiere è di essere malata” dice di sé la ragazza. Piccola è davvero la grotta di Massabielle, una semplice rientranza della roccia, utilizzata per ricoverare i maiali. Eppure proprio in quel posto malsano avviene un incontro tra Bernadette ed “una piccola Signora giovane”, a suo dire più bassa di lei; un incontro destinato a ripetersi per altre 17 volte in quell’anno, fino al 16 luglio 1858. Bernadette la chiamava “Aquero”, che in dialetto locale significava “quella cosa lì”; il 25 marzo quella “cosa che ha un aspetto di signora” dirà di sé “Que soy era Immaculada Councepciou”, “sono l’Immacolata concezione” nel dialetto parlato dalla ragazzina. Difficile pensare che Bernadette, che non era mai andata a scuola e proveniva da una famiglia povera, potesse sapere qualcosa di quel dogma – secondo il quale la madre di Gesù è stata concepita senza peccato originale - proclamato da papa Pio IX solo quattro anni prima.
150 anni sono passati da allora e di quegli incontri resta la sorgente d’acqua, che sgorga senza sosta nel punto esatto in cui la “bianca Signora” aveva detto a Bernadette di scavare. La speranza di una guarigione miracolosa, da malattie spesso considerate incurabili, è certamente una delle ragioni che induce molti visitatori a partire per Lourdes. Ma la forza di Lourdes non sta nella guarigione dalla malattia o dal dolore; troppo pochi i salvati in 150 anni, troppo alto il numero di coloro che rischiano di tornare a casa in preda alla disperazione. La stessa acqua di Lourdes, per quanto miracolosa, non è riuscita a preservare dalla sofferenza fisica la piccola Bernadette, morta a soli 35 anni, nel convento di Nevers, con il corpo martoriato da diverse malattie.
Il vero miracolo di Lourdes è certamente un altro. Basta incontrare le persone che ritornano da quel viaggio tutt’altro che agevole; non sono guariti dal dolore, ma sono in qualche modo trasformati, perché nonostante la sofferenza hanno trovato la pace interiore, la serenità. Proprio come Giovanni Battista Tomassi, un giovane romano gravemente malato che nel 1903 decide di andare proprio a Lourdes con una rivoltella; se non fosse stato miracolato si sarebbe suicidato. Rientrato a Roma fondò l’UNITALSI.
In una società che nega la sofferenza, rifiuta la malattia e nasconde il dolore, forse il vero miracolo di Lourdes è proprio questo: il miracolo della serenità.