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Alcune riflessioni sul Vangelo della Domenica

19 AGOSTO 2007

XX TEMPO ORDINARIO (Lc.12,49-57)

S. Ludovico

 

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra".

Gesù parla alla gente perché prenda una decisione di fronte al Suo messaggio. Il popolo deve capire i segni dei tempi.

Che fuoco è quello di Gesù? E’ il fuoco del Suo Amore.

Giovanni Battista aveva detto che Gesù avrebbe battezzato in Spirito Santo e fuoco. Il messaggio di Gesù provoca divisioni tra gli uomini: alcuni accettano e altri rifiutano. Dio dona pace a coloro che rispondono all’appello di amore di Gesù, ma la salvezza di Gesù non si realizza nell’uomo che non accoglie la Sua bontà.

La Buona Novella divide. Gesù non mette pace ma spada. Egli annuncia divisione all’interno di una famiglia: il padre e la madre da una parte e il figlio e la figlia dall’altra. 

Gesù pensa già ad una situazione di persecuzione in cui i giovani hanno accolto il Vangelo mentre i loro genitori conservano la religione tradizionale.

La fede in Gesù comporta anche delle lacerazioni in famiglia. La pace che Gesù porta non è la facile tranquillità in  cui gli uomini sempre sognano di adagiarsi:  è la pace del Regno di Dio in cui si entra attraverso la croce.

Gesù esorta il Suo discepolo ad impegnarsi a camminare dietro di Lui e a rompere tutti i legami con il mondo della cattiveria.

Gesù è entrato nella gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la Risurrezione. Ad ogni discepolo Gesù propone lo stesso percorso.

“La maestà del Figlio di Dio non nasconde la Sua umanità: né la Sua Passione, né l’ardore con cui è andato fino in fondo alla Sua missione. Questa umanità stessa è per lui oggi la forza e il modello del credente.

Credere in Gesù vuol dire sceglierlo per Signore, prendere posizione in questo mondo lacerato, tra la fede e la incredulità, fino a morirne come il Maestro”.

L’oggi della salvezza è iniziato con Gesù, chi lo accoglie con amore vive, chi non lo accoglie si incammina verso una vita non degna dell’uomo figlio di Dio.

 

LA LEGGE DEL SIGNORE

è la nostra gioia

CHI IMPARA A PREGARE IMPARA A VIVERE

 

LEVATI I SANDALI

 

Mosè … togliti i sandali, perché il luogo sul quale stai è terra santa!” (Es 3,5)

Mosè si trova davanti al roveto ardente, davanti a Dio. Dio vuole parlargli; Mosè entra in dialogo, in preghiera con Dio. Ma per entrare in preghiera serve prendere degli accorgimenti: occorre levarsi i sandali.

I sandali nella tradizione biblica sono simbolo dell’uomo libero, della dignità, del padrone, di colui che aveva il diritto di camminare nella proprietà terriera, è protezione da sassi e spine, permettono di camminare spediti, senza difficoltà.

Levarsi i sandali è riconoscere la necessita di dover SPOGLIARSI e di LASCIARSI CONDURRE.

Spogliarsi innanzitutto è togliere tutto quello che mi impedisce di incontrare Dio, tutte le mie corazze, le mie sicurezze che mi fanno essere “arrogante” di fronte a Lui; è voler iniziare l’incontro lasciandomi condurre da Dio e non pretendere di saper già cosa Dio vuole dirmi in quel momento.

 E qui inizia l’avventura, lasciarsi condurre da Dio. Per fare ciò occorre togliere tutte le precauzioni con cui rischio di entrare nella preghiera, tutti i limiti che vorremmo mettere a Dio perché non ci ‘disturbi’ troppo. Per non essere scomodati nella nostra vita in cui a volte rischiamo di costruirci un bel nido, entriamo in preghiera ben corazzati, a volte non portiamo dei semplici sandali ma addirittura degli scarponi: ci rendono insensibili al terreno su cui camminiamo, schiacciano tutto, sia le asperità, ma anche i fiori. E allora la preghiera diventa sterile, perché non ci lasciamo penetrare dalla forza e dalla sua grazia.


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