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Alcune riflessioni sul Vangelo della Domenica

18 MAGGIO 2003
V DOMENICA DI PASQUA (Gv 15,1-8)

"IO SONO LA VERA VITE E IL PADRE MIO E’ IL VIGNAIOLO".

La vite è simbolo del popolo di Dio. Gesù vuole che ogni tralcio sia vivo e porti il suo frutto. Il cristiano, con l’amore di Gesù nel cuore, deve crescere e realizzare una missione.

Nella vigna del Signore può esistere un tralcio che non porti frutto: è il credente che non si lascia guidare dall’amore di Cristo. Mangia il pane della vita e non assimila il Signore Gesù. I discepoli devono essere intimamente uniti a Lui.

L’amore di Gesù deve circolare tra i Suoi.

Gesù "non ha creato un circolo chiuso, né un ghetto, ma una comunità in espansione".

L’Amore di Gesù deve essere portato a tutti. Il tralcio unito alla vite deve dare il frutto. Il cristiano, cioè, deve crescere nell’amore e deve compiere una missione insieme con Gesù e come Lui portare la sua bontà ai fratelli perché il Regno di Dio si realizzi nel mondo.

"Il tralcio della vite a nulla serve se non regge il grappolo d’uva. E se è vero, come dice Gesù, che il tralcio, se non rimane attaccato alla vite non può portare frutto, è anche vero che la vite, senza i tralci, non può fare l’uva: se non manteniamo costante l’adesione a Dio attraverso Gesù, alimentandoci della linfa vitale che è l’amore e che ci fa crescere permettendoci di sprigionare le nostre capacità di dono, siamo perfettamente inutili per Gesù".

"Chi non rimane in me

viene gettato via come il tralcio e si secca".

I cristiani che non portano frutto sono come i tralci secchi.

"Tralci secchi, da bruciare, dei quali neppure la cenere serve a qualche cosa, e nello stesso tempo, impediscono a Dio di manifestarsi al mondo. Ma, se l’adesione è continua, costante e progressiva, allora non c’è più pensiero: Dio stesso si prende cura di noi, della nostra perfezione, eliminando progressivamente quegli aspetti della nostra vita, del nostro carattere, che lui vede essere d’impedimento a portare frutto" (A.Maggi).

 


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