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Io salgo al cielo

Serie Briciole

Ascensione del Signore B

1° giugno 2002

At 1,1-11

Ef 4,1-13

Mc 16,15-20

 

Il Signore oggi ascende al cielo, ma noi siamo ancora tra le strettoie della carne. Paolo si dichiara prigioniero di Cristo e fa spesso esperienza delle catene. Anche noi gemiamo nella nostra carne e attendiamo di essere liberati: non sappiamo quando sarà la nostra ascensione. Siamo però fin d’ora chiamati ad ascendere, ad essere atleti nella vita dello spirito, a guardare il cielo e ad additarlo agli altri. L’Ascensione è una festa stupenda, ammirabile come dice la Chiesa. Dopo il fulgore della Pasqua e i quaranta giorni di vita nuova fra i suoi, Cristo torna al definitivamente al Padre. Noi avremmo preferito che Gesù fosse rimasto sempre fra noi, non tanto come nell’Eucaristia, ma come in quei quaranta giorni, apparendo qua e là. In tal caso però la fede non avrebbe avuto nessun vantaggio; si sarebbe talmente indebolita da non essere più. A redenzione avvenuta, all’uomo giova di più l’assenza di Cristo che la sua presenza corporea manifestata qua e là. La nostra fede vacillerebbe, ne avrebbe una tale confusione che avrebbe più motivi per non credere che per credere. Dall’Ascensione al ritorno di Cristo, nella fede la Chiesa troverà la sua dinamicità missionaria e il suo impulso per predicare il Vangelo ad ogni creatura. Il Signore non ha detto a tutti gli uomini, ma a tutte le creature, anche se poi in realtà uditori della Parola di salvezza sono solo gli uomini. Eppure Gesù ha detto: a tutte le creature, perché la Parola stessa, immersa nell’eterno, dispone l’universo alla parusia, cioè al ritorno di Cristo nella gloria, come giudice dei vivi e dei morti. Nella trasformazione finale avverrà il rinnovamento di tutte le cose e di tutti gli elementi creati, soggetti anche loro alla decadenza del peccato. Ecco il vero senso dell’Ascensione di Gesù. La Chiesa rimane salda nella fede, perché fa la sua professione di fede nel Risorto, coerenza ne è la predicazione del Vangelo. Il Vangelo viene predicato da chi crede a chi non crede, perché possa diventare credente. La fede nasce dalla predicazione, non dalla visione sensibile del Cristo risorto. Già lo disse il Signore a Tommaso: “Tu hai creduto Tommaso, perché hai veduto, beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Crederanno aderendo alla Parola. È naturale che questa festa porti una pennellata di tristezza. Gli stessi occhi degli apostoli non videro più il sole di quel Volto e anche noi avvertiamo quasi fili sottili di tristezza. Le corde della fede devono essere forti e spesse come quelle di una canapa due volte ritorta, capace di legare insieme umano e divino, terreno e spirituale, anima e corpo.

 

Signore

 

Signore, è nel cuore di ogni uomo il desiderio di ascendere, di salire in alto, di vivere una vita che non sappia solo di terra ma profumi di cielo. Purtroppo, sentiamo più forti i legami terreni che le funi che ci potrebbero innalzare fino al cielo. Signore, insegnaci il distacco di una vita pura semplice e santa, intessuta di preghiera. Insegnaci a portare il cielo sulla terra. Anche questo è un modo per celebrare l’Ascensione: fare il contrario. Non solo aspirare al cielo, ma portare il cielo sulla terra e neutralizzare nel mondo e negli uomini tutto quello che sa troppo di terra: in attesa di salire in cielo, lasciare sulla terra nostalgia di cielo.

 

Dio, quale mistero!