Un eremita fermano

riposa in eterno nell’eremo di Pascelupo

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Le ossa di padre Mariano da Fermo riposano nell’eremo camaldolese di S. Girolamo a Pascelupo. Custodite in un reliquiario armadietto, insieme a quelle di padre Emiliano, sono poste nella sala del Capitolo sotto lo sguardo materno e sicuro della Regina degli Eremiti. Don Winfrido, priore dell’eremo, fa notare a noi fermani quell’urna di vetro posta in un angolo con una semplice scritta: Padre Mariano da Fermo.
Per saperne di più su padre Mariano, il priore ci mette in mano una pubblicazione dal titolo "Personaggi Piceni" dove Settimio Virgili, racconta la storia di padre Mariano Pichelli, maggiore dei Camaldolese di Monte Corona.
Padre Mariano nacque a Carassai il 9 dicembre 1775, ricevette i nomi di Francesco, Concetto, Loreto, Giovanni, Antonio. Aveva 12 anni quando morì sua madre e all’età di 16 anni perse suo padre, un nobile possidente carassanese. Della sua educazione si occupò lo zio, don Giuseppe Laurantoni, massima autorità ecclesiastica a Carassai. Il ragazzo fu mandato in seminario dove conobbe il futuro arcivescovo di Spoleto e Tommaso Bernetti che verrà eletto cardinale e segretario di Stato di Leone XII.
All’età di 20 anni, il seminarista Francesco Pichelli diede una svolta alla sua vita. Il 29 ottobre 1795 lasciò il seminario arcivescovile di Fermo per entrare a far parte degli eremiti camaldolesi di Monte Corona.
Questa congregazione di monaci fu fondata nel 1523 da padre Paolo Giustiniani, frate camaldolese. Egli presentò a Leone X una regola di vita eremitica accolta con favore da molti confratelli. Il monastero principale del nuovo Ordine religiosa fu quello di Monte Corona, a nord di Perugia, da cui i monaci presero il nome.
Fu proprio in questo monastero umbro che il ventenne Francesco venne accompagnato dallo zio arciprete. Qualche mese dopo, l’8 dicembre 1795, Francesco vestì l’abito bianco dei camaldolesi e per devozione alla vergina Maria assunse il nome di Mariano.
Venne ordinato prete nel 1798. Il suo primo incarico fu quello di sagrestano. Ma ne seguirono altri più impegnativi: cellerario (sopraintendente alla cantina e alla dispensa), Visitatore generale, maestro dei novizi, procuratore generale, priore e Maggiore.
Aveva appena compiuto 34 anni (1809) quando padre Mariano veniva eletto Maggiore, quindi alla scandenza del mandato nel 1811 fu nominato priore dell’eremo di Monte Corona che era la Casa madre della congregazione.
Padre Mariano fu un uomo non solo di cultura, ma persona estremamente buona e caritatevole portata per vocazione e carattere ad aiutare gli ultimi e i reietti della società. Di salute cagionevole, piccolo di statura, padre Mariano durante la sua vita diede prova di una forza morale e spirituale non comuni. Nel 1837, ad esempio, vi fu a Perugia e nel circondario una tremenda epidemia di colera. Nell’anno successivo una diffusa carestia rese le condizioni igienico sanitarie della popolazione ancora più precarie: i poveri e gli affamati accorrevano a frotte al monastero. Padre Mariano accoglieva tutti, li consolava, li sfamava talvolta anche all’insaputa dei suoi confratelli.
Come priore dell’eremo di Frascati e come Maggiore degli eremiti, si interessò alla situazione religiosa del popolo inglese. Aveva stretto amicizia con alcuni ilustri inglesi convertitisi al cattolicesimo: fu amico personale del cardinale Daniele Manning, arcivescovo di Westminster; del marchese Staepoole, cameriere segreto di spada e di cappa; di lord Feildingh, del visconte Campden. Le relazioni di padre Mariano con tali personalità d’oltre Manica si spiegano con la circostanza che il Collegio inglese aveva la sua villa estiva nelle immediate vicinanze dell’Eremo Tuscolano in Frascati.
Nonostante le amicizie con la nobiltà e l’alta gerarchia ecclesiastica e politica, padre Mariano visse in modo semplice e appartato. La sua scelta di vivere in umiltà non fu episodica, costituì un quotidiano modo di proporsi agli altri.
Aveva 79 anni quando una febbre improvvisa fece cessare la sua vita. Era la notte del 19 settembre del 1854.
Benchè il monaco fosse vissuto per molto tempo lontano dal Piceno, la sua santa vita e la sua straordinaria personalità non fu dimenticata dai suoi conterranei.
Nel 1966 infatti don Luigi Zega, arciprete di Carassai, intendendo riportare al paese natale la salma di don Mariano Pichelli, indirizzò una lettera al padre Maggiore di Frascati, ma l’impossibilità di poter effettuare una ricognizione precisa delle ossa non rese possibile il trasferimento.
Nel 1984 invece don Giocondo Giacometti, primo cappellano delle Suore di Monte Corona, trasportò le ossa di padre Mariano insieme a quelle di padre Emiliano presso l’eremo di San Girolamo di Pascelupo, convinto che esse avrebbero trovato maggior venerazione tra i monaci appartenenti allo stesso ordine.

Nell’anno giubilare del 2000, don Winfrido ha dato loro la giusta collocazione nella sala del capitolo.

       ndg

 

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