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LA SCUOLA

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1. IDEE GUIDA

"Il pianeta Terra avrà un futuro solo se sarà riconosciuta la centralità della persona umana e se ci saranno uomini capaci di dominare e guidare i processi della vita personale e sociale, nella direzione dello sviluppo umano pieno e solidale" (CEI, Per la scuola. Lettera agli studenti, ai genitori, a tutte le comunità educanti, § 2).

Con questa forte provocazione i Vescovi , alla luce dei grandi cambiamenti culturali, sociali ed economici che stiamo vivendo, sollecitano l'intera comunità cristiana a riconoscere la centralità della tematica educativa, nella consapevolezza che "il futuro è legato alla scelta dell'educazione", cioè alla formazione di persone coscienti e responsabili, animate da una forte passione per l'uomo e i suoi destini.

Anche il Concilio Vaticano II a questo proposito afferma che "la vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo sia per il bene della società, di cui l'uomo è membro ed in cui divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere" (Dichiarazione L'educazione cristiana, Gravissimum educationis 28 ottobre 1965, §1).

In questa prospettiva, la scuola si configura "sempre meno come un obbligo da assolvere ('scuola dell'obbligo'), e sempre più come la doverosa risposta della
società e delle sue istituzioni all'educazione e all'istruzione delle persone
" (PS, § 6).
In sintesi, si propone "un'idea di scuola per la persona e di scuola delle persone ... uno spazio relazionale, nel quale alcuni soggetti personali concorrono alla costruzione di identità personali libere e consapevoli, tramite una proposta culturale seria e ricca di significati
validi e condivisi" (PS, §51).

Nel contesto culturale di oggi, in cui un diffuso stato di disorientamento convive con un'adesione acritica a modelli e a comportamenti occasionali.. la scuola assolve al suo compito educativo quando offre un "sapere per la vita". Questo può realizzarsi primariamente secondo due direzioni: "la prima consiste nell'offerta di strumenti che permettono ai giovani di interpretare e ordinare criticamente i molteplici messaggi ricevuti in vario modo. Ciò comporta. da parte della scuola, l'impegno di predisporre percorsi di conoscenza e di valutazione dei linguaggi e dei quadri di riferimento che caratterizzano la fitta rete della comunicazione.
La seconda è la paziente e continuativa introduzione nel mondo dei significati umani (personali e collettivi) che sono stati e sono continuamente intuiti, comunicati e custoditi nella letteratura e nell'arte, nella ricerca scientifica e filosofica, nell'esperienza spirituale e religiosa. Da questo orizzonte di valori della persona, si potranno trarre i criteri per una valutazione sapienziale e morale dei messaggi e delle esperienze"(PS, § 8).

Nella scuola, dunque, i giovani si preparano ad acquisire anche competenze in ambito sociale, "per vivere concretamente i processi della partecipazione, della democrazia, della responsabilità personale nel lavoro, dell'attenzione agli altri, soprattutto a chi è meno dotato o ha più problemi" (PS, § 7).

La questione dell'autonomia scolastica, in particolare, si presenta come un'importante possibilità per imparare ad assumere responsabilità comuni a servizio della collettività. Una scuola così come si è venuta a delineare non nasce dal nulla, ma è il frutto di un progetto alla cui realizzazione devono contribuire. in un dialogo paziente e continuo, tante persone:

Accanto a queste persone, va ribadito il ruolo della comunità cristiana ed i suoi compiti educativi. "Molte realtà attendono ... segni concreti che rivelino l'amore di Dio" (PS, § 15).

I Vescovi richiamano la necessità di "ravvivare un'organica pastorale della scuola, ... animare la comunità cristiana alla condivisione e all'impegno missionario verso la scuola, ... sostenere, orientare e far vivere l'impegno dei cristiani che, a vario titolo, vivono nella scuola o operano per essa" (PS, § 15). Le nostre comunità sono richiamate anche ad interrogarsi circa la loro capacità di educare alla fede. Si ricordi che "nell'assolvere il suo compito educativo la Chiesa utilizza tutti i mezzi idonei, ma si preoccupa soprattutto di quelli che sono i mezzi suoi propri. Primo tra questi è l'istruzione catechetica" (EC, § 4).

L'accordo tra Chiesa e Stato riguardo l'insegnamento della religione cattolica sollecita "a sviluppare sempre meglio l'identità e la qualità dell'insegnamento della religione cattolica in vista delle potenzialità educative che esso può svolgere all'interno delle dinamiche scolastiche" (PS, § 18).

Le scuole cattoliche costituiscono una voce ed una presenza indispensabile in ordine ai compiti educativi fin qui delineati. "Esse esprimono una vocazione e una capacità di servizio che vanno ben oltre alle prestazioni concrete offerte quotidianamente agli alunni e alle famiglie, ma che non possono oggi esprimersi con pienezza, a motivo delle difficoltà che le istituzioni scolastiche non statali incontrano e che riguardano la loro stessa sopravvivenza" (PS, § 20).

2. ATTUAZIONI

Educazione e scuola sono obiettivi a cui la chiesa ha sempre dedicato tanta attenzione e tanto "Amore"; e più che mai oggi bisogna concentrare gli sforzi per valorizzare le risorse umane e le esperienze di tanti anni di attività nelle scuole cattoliche per dare un vero contributo nel fare crescere la qualità all'interno del mondo educativo e scolastico.

Partendo dalla considerazione che la dottrina Cristiana mette sempre al centro della vita sociale la persona umana, anche per la scuola siamo tutti chiamati alla responsabilità di porre questa questione nella giusta cornice sia di urgenza, sia di necessità di un cambio sostanziale nelle modalità con cui affrontare un tema così complesso.

Inoltre va subito considerato il ruolo della famiglia che ha la primaria responsabilità nei fatti educativi, e quindi va riconsiderato tutto il processo che un giovane compie dalla scuola materna fino all'università; vanno presto vinti sia il senso di delusione, sia quella diffusa stanchezza che permea il mondo scolastico, e soprattutto va ricercata quella coesione sociale attorno ad un problema così delicato.

Occorre certamente un progetto forte e articolato che porti ad affrontare anche il rapporto operativo con il mondo del lavoro e delle imprese, ma soprattutto va rivalutata la risorsa umana che opera nel mondo della scuola; bisogna far ritornare la fiducia e la convinzione che, pur essendoci molto da fare, è una sfida moderna da affrontare con volontà, competenza, umiltà, nell'obiettivo comune di operare per il bene di tutti i giovani.

Non vanno persi tutti i contributi culturali, le esperienze di tante generazioni italiane che hanno fatto "scuola" nella nostra Europa; sarebbe doppiamente colpevole la nostra società se trascurasse questo grande bagaglio, questa profonda ricchezza di cultura cristiana; sicuramente ci vogliono progetti innovativi con nuovi obbiettivi, puntare a nuove realizzazioni, ma senza dimenticare la preziosità della persona, la via maestra indicata dal Vangelo nella lealtà dei rapporti umani e senza tanti indugi e tanti alibi dettati troppo spesso da problemi di ordine meramente economico.

La scuola non è un obbligo, non è solo la palestra per avviare il giovane alle professioni, non è tributo che la società deve versare per tacitare la propria coscienza; dobbiamo pensare alla scuola per la persona, e nel cui ambito la crescita e la qualità è frutto delle singole persone che compongono questo ambiente antropologico.

3. CONTRIBUTO DELLA CONSULTA DIOCESANA

Questa sezione contiene il pronunciamento della Consulta diocesana di Pastorale Scolastica riguardante la riforma.

La scuola italiana da tempo esige riforme non più procrastinabili in ordine al diritto/dovere di ogni persona ad un percorso formativo di qualità, nell'auspicio che autonomia scolastica e parità riconsegnino - secondo il principio di sussidiarietà - la scuola alla società, in modo particolare alla famiglia (cost. art. 30) perchépossa esercitare il proprio diritto/dovere educativo e formativo nei confronti dei figli.

La Consulta prende atto con interesse della proposta formulata nel documento di lavoro sul riordino dei cicli scolastici e riconosce all'attuale Governo lo sforzo di voler dare risposte alle attese di quanti hanno a cuore il futuro della scuola, pane del più ampio sistema formativo, pensata in una visione complessiva, secondo un ragionamento unitario che superi segmenti e fratture.

Nella consapevolezza che l'attuale disegno rappresenterebbe, una volta approvato, un cambiamento radicale dei sistema scolastico italiano, la Consulta ritiene perciò che sia necessario offrire sul tema una pacata e puntuale riflessione, considerando la proposta entro il quadro di trasformazione complessivo della scuola italiana.

3.1. Il riordino dei cicli nel contesto delle riforme

Il Ministro ha posto mano, infatti, ad una complessiva riforma strutturale della scuola, che tocca tutte le questioni da molto tempo dibattute: una rilettura della proposta di riordino dei cicli è perianto da operare alla luce della legge delega sull'Autonomia scolastica (legge n. 59 dei 15/3/1997), che doterà ogni scuola di autonomia organizzativa, didattica, finanziaria, della auspicata legge sulla Parità Scolastica, della riforma degli Organi Collegiali, dell'istituzione del Sistema Nazionale di Valutazione, della prospettiva aperta dalla logica dei Progetti Educativi e dei Progetti di prevenzione, della nuova disciplina dell'esame di maturità, dello statuto degli studenti e dello stato giuridico dei docenti di religione cattolica.

In particolare autonomia e parità sono dispositivi non solo di adeguamento del sistema, ma risorse strategiche di un concreto cammino di cambiamento: nella logica dell'autonomia scolastica ogni altra misura di novità, presa senza tener conto della stessa, risulta incongrua, superata al nascere; nella logica della parità, si tratta di tenere nel debito conto proposte e percorsi educativi che valorizzano tradizioni e culture particolari, che concorrono nella creazione di un sistema scolastico integrato, alla crescita del bene comune della scuola nel suo insieme.

Tuttavia proprio il nuovo quadro di riferimento in cui il progetto ministeriale si colloca, più che tener conto di una "tradizione scolastica" italiana che costituisce un patrimonio comune, pare dettato principalmente dalla preoccupazione di adeguare il nostro sistema scolastico alle nuove esigenze occupazionali e a quelle della società conoscitiva e tecnologica: di qui un preoccupante sbilanciamento verso una prevalente dimensione tecnico-scientifica del sapere.

3.2. Non è sufficiente una riforma solo strutturale

Se è possibile valutare positivamente l'intenzione manifestata di rispondere ad istanze formative, ritenute urgenti negli ultimi anni, quali l'allungamento del tempo formativo, il superamento di una visione che considera la scuola come unica agenzia educativa, la valorizzazione di una cultura del lavoro, la promozione di un sapere che sviluppi abilità, conoscenze fondamentali, capacità di elaborazione rispetto alla semplice trasmissione di contenuti, è altresì doveroso richiamare l'attenzione sulla necessità di supportare un progetto tanto ampio con una antropologia più certa. Una scuola che intenda essere educativa non è genericamente "neutra", si impegna per la corretta attuazione dell'insegnamento della religione cattolica e la realizzazione delle attività alternative e si ispira ad un quadro di valori - presenti nella costituzione - nell'intento di far crescere i giovani in quanto persone e in quanto cittadini, così come i Vescovi italiani nella Lettera "Per la scuola" dell'aprile 1995, dicevano: «E dunque compito della scuola contribuire alla crescita di tale nuova cittadinanza, offrendo l'immagine e l'esperienza di una comunità di persone, dove, nel rispetto della diversità di ruoli e di competenze, i giovani possono imparare a vivere concretamente i processi della partecipazione, della democrazia, della responsabilità personale nel lavoro, dell'attenzione agli altri, soprattutto a chi è meno dotato o ha più problemi. In tal modo la scuola potrà costituirsi anche come comunità educante, attorno a valori progettuali condivisi e in dialogo con la società civile» (n. 7).

Perché la scuola sia tale si devono, anche nelle proposte di riforma strutturale, individuare responsabilità e ruoli, valorizzando gli educatori (i genitori, gli insegnanti), rispettando i ritmi della crescita degli educandi e le loro domande, promuovere luoghi di formazione al "sapere critico", sia nell'ordinaria attività didattica, sia nelle situazioni di corresponsabilità che l'autonomia scolastica richiederà. Gli studenti conseguentemente restano i primi interlocutori e sono chiamati ad essere nella scuola veri protagonisti di apprendimenti significativi, soggetti centrali e non solo destinatari o utenti.

Un'attenzione maggiore è da porre anche alle famiglie e agli insegnanti. La Consulta ritiene che i genitori siano da considerare, nella logica della sussidiarietà, soggetto centrale di processo educativo, al quale la scuola può offrire un contributo di professionalità e sostegno, nel rispetto della diversità dei compiti e delle responsabilità.

Circa gli insegnanti, molti dei quali disorientati dal cambiamento, sarebbe opportuno legare l'avvio della riforma all'attuazione di un nuovo sistema di reclutamento e di formazione iniziale, e al completamento di un globale piano di aggiornamento e riqualificazione, valorizzando le risorse e le esperienze che gli insegnanti hanno collegialmente maturato in questi anni.

3.3. Considerazioni per il dibattito

Per raggiungere in modo più analitico il testo presentato dal Ministro, si ritiene opportuno rilevare alcuni punti che richiedono una più attenta considerazione.

* Il riordino in tre cicli biennali della scuola di base dovrà essere pensato alla luce della verifica in atto nelle attuali elementari e della questione ancora aperta dei moduli e delle modalità organizzative. Tale riordino non elimina perplessità emerse a proposito della scuola elementare, poiché non sembra tener conto di una concezione educativa unitaria per lo sviluppo dei fanciulli. Il previsto anticipo della scuola dell'obbligo all'età di cinque anni potrebbe essere condiviso solo sulla garanzia della piena valorizzazione del patrimonio umano e delle esperienze educative e formative maturate nelle nostre scuole materne.

* Per quanto riguarda la scuola dell'orientamento, essa rappresenta certamente una novità che si avvicina all'Europa, ma nel progetto triennale è auspicabile una maggiore attenzione ai bisogni della persona in crescita, armonizzando l'impostazione più mirata alla professionalità del futuro lavoratore con le domande di senso e di significato, con la proposta "sapere per la vita", che è "il possesso di strumenti mentali, di informazioni corrette e di riferimenti ideali, che rende possibile il distacco critico e l'autonomia personale, senza i quali non ci sono libertà e responsabilità" (Ibid, n. 8).
Al fine di evitare il rischio di una eccessiva contrazione dell'attuale scuola secondaria, il triennio orientativo, inoltre, dovrebbe guardare pur con il carattere obbligatorio che ha, più alla scuola di base che non a quella superiore.

* Il secondo triennio della superiore appare a prima vista troppo mortificato e senza una precisa identità. Resta aperto il problema dì prevalente carattere professionalizzante, che è auspicabile e possibile per chi intende proseguire gli studi nel post-secondario o nella formazione tecnico-professionale, ma non particolarmente necessario per chi accede all'Università, almeno per le facoltà che prevedono ulteriore pratica e tirocinio.

* In particolare nel triennio secondario vale la convinzione che, come la stessa proposta evidenzia, poiché non vi sono "saperi riservati", è necessario che ogni scuola non sia solamente finalizzata al lavoro, ma sia aperta alla cultura "in sé", alla ricerca, alla formazione intellettuale e personale.

* A proposito della Formazione Professionale, essa è riconosciuta come sottosistema formativo alla pari della scuola ed è apprezzabile lo sforzo di potenziarla; tuttavia essa non è ancora prevista come canale percorribile con pari dignità nell'ambito della elevazione dell'obbligo. La proposta governativa confina la formazione professionale in una situazione subalterna alla scuola, mentre essa va mantenuta nell'obbligo, in una condizione di uguaglianza.
Inoltre va chiarito che non si può consentire la "compressione" della formazione professionale nei soli tre anni di scuola post-obbligo (che fornisce una professionalità di base) e alla introduzione di corsi post-secondari che prevedano una formazione professionale di specializzazione spinta.

* Una valutazione conclusiva del riordino è quanto mai problematica, in assenza della definizione ultima del quadro complessivo. In tal senso anche la stesura di nuovi programmi, che costituisce il nodo strategico della riforma scolastica, dovrà essere attuata, tenendo conto delle proposte maturate negli anni e dovrà fornire chiare indicazioni di finalità, obiettivi didattici e contenuti, specifiche competenze che ogni ordine di scuola si prefigge di far raggiungere agli allievi.

* Molti problemi restano aperti, ed occorre pensare che questi non sono solo di natura strutturale, ma anche, e soprattutto, di natura culturale e pedagogica: «si tratta di pensare alla formazione di un'umanità nuova. Si tratta di capire che il futuro è legato alla scelta dell'educazione. Nessuno nega l'urgenza e la necessità di profonde riforme di struttura. Ma anche il meccanismo più sofisticato e funzionale può incepparsi e degenerare, se non viene usato da persone consapevoli e responsabili, formate in un cammino ad alta tensione morale e con una forte passione per l'uomo e i suoi destini» (Ibid, n. 2).

4. SPUNTI PER IL DIBATTITO

 

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