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La
nostra Pieve: una visita guidata Le
più antiche testimonianze della
Pieve di
San Pietro in Silvis,
chiesa già battesimale costruita su un precedente
“sito” religioso di epoca romana, si riferiscono al sec. VII. Fu certamente la più grande per
estensione e la più importante fra le chiese battesimali che ebbero il ruolo di
avamposti per la lotta alla palude e per il conseguente popolamento del
territorio. In
muratura esistevano a quei tempi solo la chiesa
e la “torre” (campanile) che
svolgeva peraltro all’epoca anche funzioni abitative. Risale a tale periodo il pregevole altarolo a cippo di marmo conservato nel presbiterio. Seguirono
circa due secoli (IX-X) caratterizzati da un forte decadimento per varie calamità
naturali (alluvioni, epidemie, ecc.) e una assai lenta ripresa che diede i primi
risultati veramente tangibili solo dopo il Mille. E’
a questo punto, e cioè nei sec. XI-XII che si deve collocare anche l’inizio
della vita comune dei preti presso la Pieve così come i documenti letterari
attestano e la realizzazione della “cripta
a oratorio” confermerebbe. La Pieve esercita da questo momento la
funzione di Ecclesia matrix (Chiesa madre) di un territorio assai ampio,
nonostante il giungere nel sec. XII del castrum Tiberiacum a dignità di
castello e che si estende all’ambito geografico che finirà poi col coincidere
con l’estensione territoriale del Comune di Bagnacavallo. Solo
più tardi, tra i sec. XIII e XIV, l’organizzazione ecclesiastica darà
origine al sistema di “parrocchie”, quello stesso sistema che garantisce
ancor oggi la cura d’anime e i sacramenti.
Nei secoli XIV e XV la chiesa fu abbellita da numerose opere pittoriche, ancora oggi in parte visibili, nel catino
absidale e in frammenti sparsi
sui pilastri, tra i quali ben otto volti-figure della Madonna. I ritratti degli arcipreti, esposti nel
salone della canonica, vogliono darci, a partire dal sec. XVIII, documentazione
di questa realtà organizzativa evidenziandone i personaggi più illustri. E’
del 1735-1736, abbattuti i ruderi della “torre” caduta a causa del
precedente terremoto del 1688, la costruzione in muratura della canonica, ad opera del primo arciprete “mitrato” Giuseppe Zauli. E’ così che possiamo ammirare ancora
oggi un nobile edificio settecentesco, la cui ristrutturazione è appena
ultimata (2000), che sarà adibito a Centro
di Formazione. La chiesa della Pieve ha subito invece
diversi interventi durante il secolo passato (1929-33, 1945-50, 1969-72,
1981-82) che ne hanno restaurato il pavimento, l’abside, il tetto e ricostruito il campanile (1933). Più recentemente (1995)
sono stati restaurati i magnifici dipinti del 1300 attribuibili a Pietro da
Rimini e alla sua scuola. Orari d’apertura (Maggio-settembre 2001): -Giovedì
e venerdì ore 16,30-18,30. Sabato e domenica ore 10,00-12,00; 16,30-18,30. Per informazioni: Parrocchia
di San Michele e San Pietro, via Mazzini 1
(Tel. 0545.64363) Pieve di San Pietro in Silvis – via
Pieve, 82
(Tel. 0545.61116) Ufficio Informazioni del Comune, Piazza
della Libertà
(Tel. 0545.280898) PIEVE
DI S. PIETRO IN SILVIS – ESTERNO La Pieve,
basilica di San Pietro in Silvis risale al VII secolo e si trova nei pressi
dell’incrocio Bagnacavallo – San Potito – Fusignano, a circa un Km dalla
città. E’ la più
antica e la meglio conservata delle Pievi nel ravennate. Fu edificata in
un’ampia area boschiva in una zona compresa nella centuriazione romana tuttora
evidente a ponente della strada Faenza-Bagnacavallo (via Naviglio). Si suppone
che sia stata costruita su un precedente sito religioso destinato al pubblico
culto. Nei suoi pressi furono infatti ritrovati alcuni marmi con iscrizione a
Giove, ora conservati nel Palazzo dei diamanti a Ferrara, e altri reperti di
tarda romanità, esposti all’interno della chiesa. L’edificio
di forma rettangolare è un insieme architettonico di stile ravennate
basilicale-esarcale o protoromanico ed affascina il visitatore per la sua
semplicità e armoniosa eleganza. L’abside
è semicircolare all’interno e poligonale a sette lati all’esterno. La facciata
semplicissima, a forma di capanna, è quella originale. Quattro lesene – due
laterali e due mediane – rimarcano le tre navate. Ha due porte
d’ingresso: una centrale ampia e di forma rettangolare, ornata con stipiti di
marmo nel restauro del 1932, l’altra laterale, molto più piccola, sembra
fosse riservata alle donne. Sopra il portone centrale si può ammirare
l’elegante bifora con l’originale colonnina marmorea. CHIESA
– INTERNO La chiesa è
a tre navate, di cui la centrale è più alta delle navatelle laterali, scandite
da otto pilastri a “T” per parte, che sostengono nove arcate a tutto sesto. Il soffitto
in legno è a doppia capriata, il
pavimento attuale è in cotto e la sua altezza è quella più vicina
all’originale. La navata
centrale presenta ampie finestre, otto a settentrione e sette a Sud, mentre le
navatelle portano per ogni lato fenestrelle a feritoia. La muratura
è formata da larghi e grossi mattoni di dimensioni varie, in buona parte di
reimpiego. Nel penultimo pilastro di sinistra è visibile una mensola di mattoni
a triangolo, molto sporgente. Nel muro della navatella destra vi sono quattro
cavità ed una nella parete di fondo della navatella sinistra. Si ritiene che
servissero per mettervi le lampade ad olio. Sia la mensola che le cavità sono
coeve alla chiesa. CAMPANILE La prima
torre, che svolgeva all’epoca anche funzioni abitative, era di forma rotonda e
si trovava verso l’estremità della navatella meridionale, dove ora è situata
l’attuale canonica. Durante il
terremoto del 1688 subì gravi danni e fu poi abbattuta nel 1736. In seguito la
Pieve venne dotata di una torretta a ventola che rimase fino alla costruzione
dell’attuale campanile, nel 1933, eretto sul lato sinistro rispetto alla
facciata. ALTAROLO
A CIPPO DI
MARMO GRECO L’altarolo
si trova attualmente al centro del presbiterio. E’ una scultura di grandissimo
pregio del secolo VII che pertanto risale alle origini della Chiesa. Ai quattro
lati presenta lisce colonnine con base a capitello; la parte superiore è
sporgente e incavata con cornice terminale. Nella parte
che guarda l’assemblea vi è un bassorilievo formato da due palmizi di
datteri, simbolo di vita eterna, che racchiudono due nicchie: quella superiore,
semicircolare, usata per esporre le reliquie; quella inferiore, rettangolare,
detta “fenestella confessionis”, è chiusa da un cancelletto di ferro
battuto ed era utilizzata per riti in onore dei santi martiri (= confessores). Anticamente
era sormontata da un ciborio di cui restano due archivolti interi ed il
frammento di un terzo, ora esposti all’interno della chiesa, che attestano il
suo utilizzo come altare per l’Eucarestia. La sua
posizione e funzione nella Basilica è cambiata lungo i secoli e fu senz’altro
smembrato all’epoca della costruzione della cripta (verso l’anno 1000), CRIPTA La Pieve di
San Pietro in silvis ha subito nel corso dei secoli alcune modifiche, la
maggiore della quale si ebbe con l’erezione della cripta nel secolo XI. E’ una
semplice cripta a oratorio con volte a crociera, sostenuta da quattro pilastri
di reimpiego. Al centro si trova ora un altare con grande lastra a mensa di
marmo greco, posta su quattro colonne con base a capitello. E’ databile tra il
VII e l'VIII secolo. La cripta presenta un’apertura a meridione che forma un
piccolo ambiente – forse per l’accesso al vecchio campanile - con volta a crociera sostenuta da una tozza colonna romana di
marmo con un bel capitello corinzio. OPERE
PITTORICHE Nei secoli XIV e XV la Pieve è stata abbellita da
numerose opere pittoriche e si ritiene che già nel secolo XV fosse
completamente affrescata. I due
affreschi più ampi ancora visibili si trovano vicino all’entrata della
basilica, nella parete di destra. Il primo rappresenta la Deposizione di Cristo
e risale al XV secolo; subito adiacente una crocifissione di cui rimane ben
poco. Tra i frammenti di affreschi ancora leggibili, segnaliamo S. Bartolomeo
nella prima arcata a sinistra. LE
RAFFIGURAZIONI DELLA MADONNA Sparsi sui
pilastri e nella parete della navatella meridionale si notano numerosi frammenti
di affreschi, tra i quali ben otto figure o volti della Madonna, tutte coronate.
Oltre alle cosidette “Tre
Marie”, nei pilastri secondo, terzo e quarto a sinistra di chi entra, è ben
conservata l’immagine della Vergine con bambino nel quarto pilastro sul fianco
interno, di carattere devozionale e popolare. GLI
AFFRESCHI DEL CATINO ABSIDALE Di grande
importanza sono gli affreschi absidali di scuola riminese, di evidente
ispirazione giottesca ed ultimamente attribuiti a Pietro da Rimini. L’opera,
realizzata nel periodo 1313/1320 ha subito nel corso dei secoli varie vicende:
interventi con calce bianca e copertura totale con intonaco, ridipinture ad olio
e discutibili restauri, tanto da renderla illeggibile. Con
l’intervento di restauro del 1969/72, eseguiti dal Prof. Nonfarmale, gli
affreschi sono stati liberati da tutti i rifacimenti che si erano sovrapposti
nel corso dei secoli ed ora è possibile ammirarli nei loro colori originali,
anche se molto è andato perduto. Il grande
affresco nel catino absidale è formato da due momenti rappresentativi, divisi
da una fascia ornamentale riccamente ornata che presenta piccoli medaglioni a
stella con splendide figure di santi e altre immagini sacre. La parte alta
rappresenta il Cristo Pantocratore, purtroppo senza volto, in atteggiamento
benedicente, con la mano sinistra tiene un libro aperto recante la scritta
“Ego sum, Via Veritas Vita”. Dei
quattro evangelisti che lo attorniavano, restano Matteo e Marco con i loro
simboli: l’angelo e il leone. Nella parte
bassa dell’affresco, al centro, la scena della crocifissione: Cristo
crocifisso con la Madonna e S. Giovanni Apostolo. Si tratta di un mirabile
insieme di altissima ispirazione. Ai due lati si snoda la teoria degli Apostoli, aperta a sinistra da Pietro (con le
chiavi) ed a destra da Paolo (con
la spada). Sono sei per parte e posti quasi dialoganti a due a due. Hanno
tutti in mano un codice-libro o un rotolo, perché portano al mondo la
“Parola” incarnata in Cristo e scritta-comunicata con la Bibbia. Bellissimi
e ampi sono i panneggi dai colori delicati e trasparenti. Il ciclo
pittorico absidale offre alla meditazione dei fedeli la Rivelazione divina
annunciata in Cristo e per Cristo attraverso il suo vangelo scritto dagli
Evangelisti; la redenzione per Cristo crocifisso; la missione della Chiesa nel
mondo con gli Apostoli. Unitamente agli affreschi lungo
il corpo della Pieve costituiva una vera e propria “biblia pauperum” . LA
CANONICA: SALA DEGLI ARCIPRETI All’interno di questo nobile edificio settecentesco, la cui ristrutturazione è appena ultimata (2000), si trova la cosiddetta “Sala degli Arcipreti”. Così come la vediamo oggi risale al tempo dell’Arciprete Zauli Giuseppe di Faenza, primo arciprete mitrato, eletto nel settembre 1741 e morto nel maggio del 1742. Sembra sia stata trasformata e ingrandita dal 1736 e completata nella circostanza straordinaria dei privilegi e poteri dati da Papa Benedetto XIV all’arciprete della Pieve (1741). Allora furono poste pure le prime cornici e tele degli arcipreti. Col tempo, dopo alterne vicissitudini, l’arciprete della Pieve divenne arciprete di Bagnacavallo, capo del Capitolo della Collegiata ed insignito di privilegi connessi a questo incarico dal 1825. Il numero delle tele oggi è di 19. Le tele nelle cornici ovali (n.8) sono a ricordo di alcuni arcipreti della Pieve che vanno dal 1274 (Peppo da Castiglione) al 1742 (Zauli Giuseppe). Le tele nelle cornici rotonde, rettangolari ecc. sono dei Vescovi Commendatori (i Vescovi di Faenza che si incaricarono di governare personalmente anche la comunità di Bagnacavallo) e degli Arcipreti mitrati. Molte tele hanno necessità di una pulizia; alcune tele sono un lavoro pittorico modesto, altre sono molto pregevoli. Tale sala è stata recentemente attrezzata coi più moderni mezzi audiovisivi proprio per essere destinata più che a settecentesca sala di rappresentanza a Sala per riunioni e conferenze. |
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